NAHMANIDE
Rabbi Mosheh ben Nahman, noto come Rambam o Bonastruc da Porta
1194, Gerona - 1270.
Non si conoscono ne’il luogo della sua sepoltura, ne’il giorno esatto della morte
Lettera di Nahmanide a suo figlio nell’mese di Elul, del 1267, dall’Gerusalemme
Il Signore ti benedica, figlio mio Nahman, e possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme e tu veda i figli dei tuoi figli (Sal. 128,5) e la tua tavola sia come quella di Abramo nostro padre. In Gerusalemme, città santa, io scrivo a te questa lettera. Infatti – sia lode e rendimento di grazie alla Rocca della mia salvezza – sono stato ritenuto degno di giungere qui a Gerusalemme sano e salvo il 9 di Elul e sono rimasto in essa in pace fino all’indomani di giorno di Kippur. Ora e’ mia intenzione recarmi ad Ebron, la città che custodisce i sepolcri dei nostri padri, per prostrarmi davanti ad essi e per scavarmi là un sepolcro, con aiuto di Dio. Ma che cosa dirò io a voi riguardo alla Terra? Grande e’ l’abbandono e grande e’ la desolazione; in poche parole: quanto più un luogo e’ sacro, tanta maggiore e’ la devastazione! Gerusalemme molto più di ogni altro luogo, la Giudea più della Galilea. Ma nonostante una cosi grande devastazione, essa resta la città santa. I suoi abitanti sono circa duemila e i cristiani che vivono in essa circa trecento, scampati alla spada del sultano. In essa non ci sono Israele, poiché da quando giunsero i Tartari sono fuggiti di là, mentre alcuni di essi sono stati uccisi dalla loro spada. Ci sono solo due fratelli, tintori di professione, che acquistano il materiale per tingere dal governatore; presso di loro si radunano alcune persone fino a raggiungere il numero di 10 richiesto per il minyan e pregano nella loro casa durante i sabati. Ora noi li abbiamo incoraggiati ed abbiamo trovato una casa abbandonata, costruita con colonne di marmo ed un bel soffitto a volta: l’abbiamo presa come sinagoga; la città, infatti, e’ in stato di abbandono e chiunque vuole appropriarsi delle rovine lo può fare. Noi abbiamo dato le nostre offerte per restaurare la casa e già si sono mandati a prendere a Sichem i rotoli della Torah, provenienti da Gerusalemme, che erano stati messe al riparo colà al momento dell’invasione dei Tartari. Ora essi costituiranno una sinagoga e là pregeranno, poiché sono molti coloro che continuamente giungono a Gerusalemme, uomini e donne, da Damasco e e da Sovah - Aleppo e da ogni parte del paese per vedere il santuario e per piangere su di esso. Colui che ci ha ritenuto degni di vedere Gerusalemme nella sua desolazione, egli stesso ci riterrà meritevoli di contemplarla ricostruita e restaurata, quando ritornerà su di essa la gloria della Shekina.
Ma tu, figlio mio, e i tuoi fratelli e la casa di tuo padre, tutti quanti voi avrete la grazia di vedere la prosperità di Gerusalemme e il conforto di Sion.
Vostro padre, che arde di nostalgia ma cerca di dimenticare, che vede e gioisce. Mose’figlio di Nahman, il ricordo del giusto sia in benedizione.
Fai pervenire (o sposa amata) dal parte mia la pace al mio figlio e discepolo Rabbi Mose’il figlio di Salomone fratello di tua madre: ecco io voglio farti sapere che sono salito sul monte degli Ulivi, rivolto di fronte al monte del Tempio – non c’e’infatti fra essi se non la valle di Giosafat - e vicino a esso, là davanti al santuario, ho letto i versi che egli ha composto, piangendo amaramente.
Colui che ha fatto abitare il suo nome nel santuario faccia crescere ed aumentare la vostra pace insieme con quella di tutta la vostra comunita’ onorata e santa in eterno e per sempre e faccia crescere la vostra tranquillità. Amen”.
Da: Nahmanide esegeta e cabalista, Studi e testi.
M. Idel e M. Perani, Giuntina, 1998.
La traduzione e’condotta sull’edizione degli scritti di Nahmanide curata da Ch.Chavel, Ktive, p. 367-368.